SOAP & SKIN Lovetune for vacuum
(PIAS) Heavy vinyl LP & CD
Ha un’inconsueta aria di fanciulla-signora Anja Plaschg, questa giovane e pallidissima musicista viennese di cui si fa un gran (ben) parlare. Un po’ Antony & The Johnson, un po’ Yann Tiersen, la musica “pop” fatta da chi ha studiato su spartiti classici insomma. Suona il pianoforte con irruenza o con dolcezza, canta a volte sottovoce e a volte urlando, gioca coi contrasti e inserisce suoni elettronici lievemente graffianti per costruire un effetto di moderno-antico.
Senza dare alcun contributo di originalità, Lovetune for vacuum è un disco bellissimo,
interamente, nessun brano può essere accusato di servire da riempitivo.
Una musica forte, sottilmente violenta e fredda, senza dubbio oscura e malinconica che in passato si sarebbe potuta definire “dark” ma di questi tempi verremmo travisati, qui di volgare e feticcio non c’è proprio niente.
Il brano con cui Anja si supera non è presente sull’album però. E’ stato nascosto come B-side del 45 giri Spiracle ed è stato chiamato Interview (feat. Heartmill). In effetti c’è più parlato che cantato qui: insieme all’amica Lisa Yvo Heartmill esprime disgusto e rabbia pronunciando parolacce e sputando, sotto compare una voce malefica storpiata artificialmente e una musica sottile, fragile e struggente, il tutto crea un contrasto drammatico ed inquietante. Poesia nera.
ascolta Interview (feat. Heartmill)
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SOFTBOILED EGGIES Try it again
(UTR, 2008) 6-trk. mLP
Can you send blame? Basterebbe questo brano agli amanti del pop made by Sarah Records, Belle & Sebastian, twee-pop e simili per entusiasmarsi del mini-LP dei Softboiled Eggies.
In attesa dell’album di debutto in imminente uscita, consigliamo questo disco a 6 tracce, estremamente vario nei suoi sei brani, il più melodico edito dalla londinese Upset!The Rhythm (etichetta su cui, lo ricordiamo ai distratti, sono usciti i due capolavori di John Maus).
Sulla prima facciata degna di nota è anche October days. La B-side si apre con l’ipnotica Only loved at night, talmente diversa dall’originale dei Raincoats che definirla cover pare eccessivo; segue Mama don’t cry, dall’andazzo reggae, cantata con delicatezza onirica ed arricchita da tocchi di pianoforte e scintillii metallici; in conclusione, i velvetiani sapori di Glassy eyes.
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JEREMY JAY Love everlasting
(K, 2009) 4-trk. 12″
Jeremy Jay è un tipo anni ’80 nella musica, nel look, nelle movenze. Ha sfornato due album deludenti e due singoli strepitosi. L’anno scorso regalò una hit, We stay here (finita sul retro dell’anonima Airwalker) che potrebbe essere un classico della new-wave più danzereccia ed ora pubblica un EP che conquista all’istante. Brani lucenti che incrociano la tradizione wave con ritmi reggae e una voce alla Bowie prima maniera, un po’ più levigata magari.
ascolta [per una risoluzione audio migliore selezionare HQ]