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Album & Singoli dell’anno 2017


Album dell’anno 2017

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1
. LOTTE KESTNER Off white

Label Saint Marie
USA 180 g LP *Ltd. edition 500 copies* [also avl. on CD]

Lotte Kestner, nome d’arte scandinavo della californana Anna-Lynne Williams, si mette in gioco con un lavoro ardito che richiede del silenzio, del tempo e un pò di pazienza.
L’unico brano ordinario è posto in apertura, quasi servisse ad ambientarsi prima di avventurarci in quell’universo bianco e candido che la copertina nevosa preannuncia.
Sulle prime mi appassionava solo dalla quarta traccia in poi, Ghost. Ma è la solita magia dei grandi dischi, quelli che vanno riaffrontati e non si rivelano a chi ha la presunzione di capire in fretta cos’hanno da dirci.

Ghost, dunque, dove la voce è metallica e le scie di tastiere fluttuano lente alle sue spalle come morbidi banchi di nebbia, e la sucessiva Off white, due brani sorprendenti che prendiamo come esempio per spiegare cosa ci ha entusiasmato ascoltando per l’ennesima volta l’album:
come Lotte Kestner sia riuscita, con pochi strumenti e mantenendosi su sonorità sempre quiete, a scrivere della musica eccezionale – nel senso proprio dell’eccezione – muovendosi in un genere, dream-folk o folk-pop che dir si voglia, di per sé monotono e proposto da innumerevoli cantautrici e da decenni oramai.
Un pentagramma solo relativamente semplice, arpeggi di chitarra, qualche arco, pianoforte e un po’ di tastiere. A rendere prezioso il tutto e a darne un senso compiuto sono le intuizioni melodiche del cantanto: splendide, celestiali in alcuni passaggi.

Dicevamo di un ascolto attento e in condizioni ottimali.
Eight ball è un altro brano speciale per quell’eco fredda e forte (quasi insistente, come se volesse passare in primo piano) così come è pregevole il lavoro intarsiato degli strumenti in Go to sleep, l’episodio più movimentato.


Quanta intensità si può raggiungere con la delicatezza.

>> Ascolta l’album/Listen to album 

 

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Al 2, pari merito, un piccolo omaggio al prezioso lavoro di due etichette indipendenti.
Precisando che nel paginone di fine anno inseriamo dischi usciti nell’anno appena terminato (ma non necessariamente contenenti incisioni di tale anno), è con grande piacere che vi presentiamo queste due raccolte, sicuri che non avevate mai sentito nominare prima alcuno di questi musicisti.

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2. VV.AA. Paul Major: Feel the Music – Vol. 1

Label Anthology Recordings/Mexican Summer
USA LP [also avl. on CD]

Paul Major è un tizio classe ’54 che ha trascorso i suoi anni verdi immerso negli ascolti di rock & roll, punk e proto-wave della scena di LA e NY, con qualche esperienza in una sgangherata band metal e in seguito nei più seri Endless Boogie. La sua passione per la scoperta di dischi “insoliti” lo ha portato a rovistare nei negozi più polverosi degli States e dopo aver accumulato migliaia di 33 e 45 giri iniziò anche un discreto mail-order. Il suo catalogo è stato un riferimento per gli appassionati di generi musicali differenti e trasversali, accomunati solo da un’essenza psichedelica. In epoca pre-Discogs questo lavoro certosino ha avuto un’importanza antologica rilevante.

Esce questa sua splendida selezione per la Anthology Recordings, sub-label della Mexican Summer, di cui vi invitiamo all’ascolto dei seguenti brani:
TOM LONERGAN & BUDDY KELLY > The travesty of my life (1973) un Neil Young più acido,
RAY HARLOWE & GYP FOX > Run (1978) un Jim Morrison più spensierato,
MERKIN > Ruby (1973) briosa e spigliata,
SEBASTIAN > Passages (1970) un lento di grande romanticismo, una delle perle del disco, come la verace
> Saturday thought (1970) di BOB EDMUND;
troviamo poi due affinità soprendenti in
> Where do clouds go?  [ ? (’70s) ] di DAVE PORTER con Antony (Antony & The Johnson) e in
> Captain Zella Queen (1979) di MARCUS con Ian Brown (The Stone Roses).
Il finale con DARIUS > I feel the need to carry on (1969), è un cielo stellato.

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2. MANICURED NOISE Northern stories 1978/80

Label Caroline True
EU LP *Ltd. edition* [also avl. on CD]

Una raccolta che accende una piccola luce su una formazione che avrebbe meritato maggior fortuna. Attivo dal 1977 al 1980 , il quartetto di Manchester presentava una new wave prima maniera con un’attitudine punk manifestata più nell’animo che nei suoni. Dato per ovvio l’accostamento ai Talking Heads per la voce quasi piangente à la David Byrne, ma con un timbro più proletario, accostiamo i Manicured Noise anche a Human League e Wire d’annata. Per quanto riguarda il sax, qui onnipresente, c’è quello in stile A Certain Ratio e c’è quello più scapigliato e allegro che per molte band era (ed è) il segno di appartenenza allo ska.

Prima di indrizzarvi all’ascolto di alcune tracce, aggiungiamo che un aspetto affascinante di questo album è il tipo di registrazione. In quel periodo molti pezzi uscivano dagli studi senza orpelli, piuttosto crudi, con batterie che suonavano “secche” e per le voci si impiegavano microfoni che nulla toglievano all’acidità degli acuti. Tali aspetti qui sono ancora più marcati dal momento che si tratta di brani in maggioranza rimasti fermi in fase di pre-produzione.

Suggestive le chitarre vibranti di Long march, frizzante il funk dalle bollicine dance di Mystery sound. Quest’ultimo pezzo contiene un riff che ricalca un campionamento di Soup for one degli Chic, usato nel 2000 da Modjo per Lady, pezzo commerciale del 2000 che divenne un successo continentale.

I Manicured Noise affidarono a Faith – il brano meno radiofonico – il compito di far conoscere la band attraverso le trasmissioni alternative quando sarebbe bastato il suo lato B, Freetime, per destare maggiore interesse.
Altra hit mancata fu Payday.
Music A respira gli aromi orientaleggianti dell’album The top dei Cure appoggiandosi poi all’apertura melodica che i Tuxedomoon sfoggiavano ai live.

 

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3. WINTER FAMILY South from here

Label Ici D’Ailleurs
EU LP *Ltd. edition* [also avl. on CD]

Cold music meditativa e astratta o, nella definizione dell’etichetta di Nancy, “weird wave”, la musica proposta dal duo franco-israeliano presenta due elementi fortemente caratterizzanti: un buon mix di suoni sia artificiali che ambientali e l’insolita voce increspata di Ruth Rosenthal, il cui canto è un soffiato che viene amplificato nei bassi ingabbiando a mò di cupola l’aria attorno alla bocca.

Per quanto crepuscolare e con testi in bilico tra pessimismo ed accettazione, ci si tiene ad una discreta distanza dalla retorica di morte e dai simbolismi del dark.
L’album racchiude gli umori e i rumori che i due artisti hanno vissuto e a loro modo interiorizzato dal 2011 ad oggi, ha avuto una costruzione lunga e travagliata ed esce solo quest’anno. Un lasso di tempo nel quale sono successe molte cose: un cambio di dimora da Jaffa a Brooklin, un lungo peregrinare per il tour mondiale della loro opera docu-teatrale Jerusalem Cast Lead, l’arrivo dell’uragano Sandy che ha distrutto i loro strumenti e un conseguente stop dell’attività creativa; quindi un ripensamento che ha portato Xavier Klaine a cimentarsi con strumenti antichi.

Oltre all’armonium e al pipe organ, nell’album han così trovato spazio la celesta (un particolare pianoforte che produce suoni attraverso lamelle di metallo dotate di cassettine di risonanza) le cui note ovattate e fragili hanno dato solennità ad un paio di brani in stile Current 93. Le sedute di registrazioni sono state effettuate in Giappone, Germania e Svizzera in tempi assai diversi e sono state via via innestate di samples, drum machine e sintetizzatori.

 

Come abbiamo scritto per diversi altri dischi, anche South from here richiede uno sforzo in più per essere compreso altrimenti lo si sottovaluta, come feci io mesi fa quando sentivo uno stacco esagerato tra la quieta intensità di alcuni brani e i ritmi techno-noise di altri, non riuscendo a trovare la coerenza dell’album nel suo insieme.

Ascolta/Listen >> Archaic landscape

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4. TENNIS Yours conditionally

Label Mutually Detrimental
USA LP – white vinyl LP, clear blue vinyl LP >> vedi nota ***

Da una rapida occhiata a web-zine straniere e nostrane, apprendiamo che il nuovo disco dei Tennis non ha ricevuto un’accoglienza fortunata dalla “critica”. D’altronde, sarà per l’età relativamente giovane della maggioranza di chi scrive in rete, ma se oggi vai a pescare a piene mani dal pop e soul ’60s & ’70s ci sta che finisci svalutato per aver osato riproporre quella leggerezza.
Per quanto ci riguarda, il nuovo album di Alaina Moore e del marito Patrick Riley è un ottimo lavoro. Per varie ragioni: perché dal passato hanno imparato a comporre melodie dolci ma aggraziate, perché hanno inserito degli elementi elettronici nella giusta – cioè cauta – misura. E perché, semplicemente, hanno creato delle canzoni che regalano degli spunti deliziosi.
E’ curiosa la somiglianza della voce di Alaina Moore con quella di Nina Persson (The Cardigans), anzi in Fields of blue è proprio identica… ma limitiamo il gioco dei paragoni ai Carpenters se proprio vogliamo tirare in ballo una band del passato e lasciamo in pace gli Abba, visto che l’influenza di questi ultimi per qualsiasi cosa che si avvicini alla disco è ovvia.
La prima parte non conta alcun episodio clamoroso, è gradevole e facendo attenzione affiorano degli eccellenti arrangiamenti. E’ la seconda facciata che riserva il meglio, riaprendo la scena con un autentico capolavoro di soul-pop americano, Baby don’t believe, proseguendo con 10 minutes 10 years e poi con Modern woman, altro tocco di classe.
Yours conditionally non è un album datato ma fresco e vivace, suonato maledettamente bene e capace di trasmetterci una spensieratezza della musica che in quel passato invadeva le radio mentre oggi è merce rara.

>> Ascolta/Listen album

*** nota:
entrambe le copie su vinile bianco ascoltate hanno un certo rumore di fondo,
quelle su vinile trasparente azzurro suonano perfettamente

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5.
PETE INTERNATIONAL AIRPORT Safer with the wolves…

Label A
EU 2xLP [orange or pink vinyl, also avl. on CD]

Il Pete del fantomatico aeroporto internazionale è Peter Holmström dei Dandy Warhols e per la sua seconda uscita da “solista” (!) ha chiamato a Portland un bel pò di amici:
Robert Levon Been (Black Rebel Motorcycle Club), Alex Maas (Black Angels), Lisa Elle (Dark Horses), Jason Sebastian Russo (Hopewell, Mercury Rev), Jsun Atoms (The Upside Down, Daydream Machine), Emil Nikolaisen (Sereena-Maneesh) e Jeremy Sherrer (The Dandy Warhols, Modest Mouse, The Shins).
L’album ha in serbo una serie di sorprese per gli estimatori della neo-psychedelia, in particolare chi cerca un uso disinvolto di sample packs e suoni che vengono distorti, poi stesi e ripiegati troverà soddisfazione all’udito. Ma vuole rimanere un disco caloroso, con una timbrica rassicurante e uno spazio piuttosto ampio lasciato alla melodia.
Tanto per non dare il prodotto in pasto a degli sconosciuti, cottura e distribuzione sono stati affidati alla A Records del fidato Anton Newcombe (The Brian Jonestown Massacre).

Assaggi:
> VHS or Beta fish
> Flowers of evil
> Señorita
> Western shouting
Pasto completo:
> album streaming

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Singoli dell’anno 2017

 

1. BLONDE REDHEAD 3 o’clock
USA 4-trk. 12″ on Asa Wa Kuru
EU 4-trk. 12″ on Ponderosa Art & Music

Il trio newyorkese, ormai irriconoscibile rispetto agli esordi noise, ha assunto la consistenza di una “grande” band. Nel 2016 ripresentarono in versione acustica Misery is a butterfly, l’album della svolta ( >> review), portando in giro per il mondo un’intera orchestra e questo nuovo EP riflette il desiderio di proseguire il connubio tra i propri strumenti e quelli classici. Ritroviamo così i flauti, gli archi, l’oboe e come ospiti d’eccezione il violino di Eyvind Kang e le percussioni del brasiliano Mauro Refosco.
Quattro brani, tutti inediti, che anziché esser messi in cantiere per un prossimo 33 giri, vanno a costituire un’uscita discografica a sé per poter ricevere la maggiore dedizione di cui necessitano. Vi accorgerete della loro bellezza, infatti, solo dopo ripetuti ascolti.
Era quello che ci voleva, un ritorno fragoroso e convincente dopo l’abulia dell’ultimo album Barragán.

>> Where your mind wants to goten
>> EP completo/All trks. [Spotify]

Pubblicato finora solo dall’italiana Ponderosa (agenzia che si è occupata dei loro recenti tour), è uscito da pochi giorni anche sulla label del gruppo per il mercato americano.

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2. THE CUCKOOS The Cuckoos
Label Jiggy Jig USA 6-trk. mLP

Il debutto della giovanissima band di Austin è, come si suol dire, folgorante, sebbene l’influenza dei Doors sulla prima facciata rasenti il tributo e sul lato B riecheggino degli strali lisergici molto Screaming Trees.
Bando all’originalità per l’ambientazione e l’impostazione del canto, dunque, ma non ci sono elementi per accuse di plagio in alcun brano. I ragazzini sfoderano un rock possente e lo fanno con una convinzione che sorprende.
New sunrise è un ipnotico groviglio psychedelico, in It’s too late una voce viscerale accompagna un’impetuosa discesa rock.

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3. THE DAYSLEEPERS Hide your eyes e.p.
USA 7-trk. mLP on Clairecords *Ltd. edition*
[Previously rel. as a CDEP in 2005 on White Rabbit Music]

Nel 2005 lo shoegaze era sparito dai radar europei e i pochi che intercettarono le note della formazione di Buffalo si saranno stupiti del coraggio o dell’incoscienza di riproporre certe sonorità fuori tempo massimo.
Va detto però che oltreoceano le scie di quel genere musicale non si erano mai realmente dissolte.
Oggi che l’interesse attorno allo shoegaze si è a tal punto consolidato da determinare reunion un tempo impensabili (Slowdive, Ride, My Bloody Valentine) e tenendo conto che le vendite dei supporti vinile sono a volte superiori a quelle dei CD, la ripubblicazione di questo EP trova doppiamente un senso. Rispetto al CDEP della prima edizione, la nuova versione su vinile conta 2 bonus tracks.
Si impongono Threnody e Mesmerise; Loved by the sun si macchia di una similitudine eccessiva con Entertainment dei Disco Inferno.

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