Latitude Festival 2009: godersi la musica!
La musica in primo piano con 121 bands e non solo: teatro, performance artistiche e giocose sparse tra prati e boschi per far divertire tutti, anche i bambini. Organizzazione complessa ed impeccabile, gentilezza e disponibilità per tutti e tre i giorni, dal primo all’ultimo minuto, desiderio sincero degli ospitanti di far sentire gli ospitati partecipi e contenti di ogni cosa.
Una manifestazione da 25-30.000 persone eppure un’atmosfera in un certo senso familiare. Tutti Inglesi (di stranieri probabilmente solo noi due!), mai un solo attimo di tensione o disordine, l’Inghilterra dei giovani alcolizzati, casinisti e prepotenti qui nel verde del Suffolk non c’era e chissà dov’è.
Adolescenti che portano i genitori ad ascoltare la band indie più cool del momento e genitori che poi conducono i figli a scoprire i gruppi rock storici. Quassù la musica è una cosa importante.
Impossibile vedere tutti i concerti, si fa una scelta e poi si punta, anche a caso, tra i tanti nomi nuovi mai sentiti. La selezione è stata fatta bene, i gusti sono gusti ma la qualità di tutti gli artisti è sicuramente di buon livello.
Qui un rapido resoconto della bellissima esperienza…
Il mese scorso avevamo dileggiato i Pet Shop Boys per la loro immutabilità estetica ed immobilità sul palco e in effetti è bastato che Neil Tennant accennasse ad un passo di danza perché dal pubblico si levasse un boato… Ma le imponenti coreografie e le sinuose movenze dei ballerini hanno reso lo spettacolo assai dinamico!
Altro show molto suggestivo scenograficamente è stato quello dell’algida Karin D. Andersson e dei suoi Fever Ray, che creano un inedito connubio tra elettronica e ritmi tribali con tanto di veri tamburi africani.
Fever Ray P. Wolf
Spartana e convincente la performance di Scott Matthew.
I Camera Oscura, adorati su disco, dal vivo sono talmente fiacchi ed ovattati da indurre sonno e noia.
Al contrario, tra le nuove leve hanno impressionato i Capital che in studio invece non erano riusciti a trasmettere quella brillantezza vista dal vivo.
Gossip Magazine
Grande stile, invece, sia sul palco che in sala d’incisione, per Patrick Wolf, giovane poli-strumentista che nel look e nelle movenze ricorda certi new-romantics dei primi anni ’80 ma il cantato grintoso è alla Conor Oberst (Bright Eyes).
La pavarottiana Gossip è un’icona per le teenagers inglesi che riempiono fino a far scoppiare l’Uncut Arena, in preda all’eccitazione nessuna può accorgersi che tutti i brani sono uguali alla hit Standing in the way of control.
Finale con super-concertone dell’inossidabile lucertola Nick Cave (popolare da queste parti oltre ogni mia immaginazione) mentre poco prima Barry Adamson (co-fondatore dei Nick Cave & The Bad Seeds) si esibiva con la sua prima formazione, i Magazine, regalando la più bella versione mai eseguita di Parade, capolavoro del 1978.
Un ringraziamento ad Elena (braccio destro del Direttore Illustrissimo della Martin Records) che ha avuto la buona idea di andare a questo festival. Avendo dimostrato cultura musicale, spirito critico ed entusiasmo viene promossa come corrispondente dall’Australia per il prossimo futuro!
Cheers,
Nicola
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MASHA QRELLA Speak low
(Morr Music) EU LP w/insert 15,99, CD 15,99
Nel 2005 avevamo inserito il suo secondo album, Unsolved remained, tra i dischi dell’anno.
C’era attesa per vederla dal vivo quel 25 Maggio, la stessa sera della finale di Champions League… Anche il locale nel centro di Bologna dove si stava per esibire con la sua banda offriva in contemporanea la partita sul megaschermo. Tutti con la faccia rivolta all’insù verso il prato verde, sembrava una disfatta (per i musicisti) invece appena dall’altra stanza era arrivato il primo suono di chitarra in un attimo sotto il palco si radunava un folto pubblico, più di curiosi che di veri e propri fans.
Un concerto in cui si apprezzava la musica, suonata pari-pari al disco, ma senza momenti coinvolgenti. Si era capito subito che una così non poteva scaldare l’atmosfera… Tra la band e gli ascoltatori una certa distanza rimarrà sempre perché Masha è timida ed inespressiva quando non canta, quella sera era immobile e non disse una sola parola durante lo show, la musica occupava totalmente la scena.
Era il periodo del glitch-pop, il disco che tutti conoscevano era Neon golden dei Notwist, una delle tante formazioni in cui spuntava il nome di Markus Acher, ma l’album più riuscito secondo noi fu il secondo di Masha Qrella, Unsolved remained appunto, lineare all’eccesso ma non troppo freddo, grazie a delle melodie veramente belle che lo intiepidivano. Il miglior disco uscito su Morr Music e dunque il manifesto di quel sotto-genere musicale che inseriva nel pop un’elettronica fatta di loop e suoni ponderatamente sporchi.
Dopo quattro anni di silenzio, la curiosità per il ritorno della pallida Masha per noi era tanta. Ora, dopo aver ascoltato per la seconda volta Speak low, possiamo affermare che è un album molto piacevole e piuttosto convincente. Non è un disco capace di brillare a tal punto da farsi notare nella massa di nuove uscite ma è un buon lavoro che consigliamo.
Gli arrangiamenti elettro ostentati nel precedente disco sono spariti, come è giusto che sia.
La vera sorpresa è la title-track, clamorosamente Pale Saint-style. Il rimando agli anni ’90 potremmo trovarlo anche in I talk to the trees e I’m a stranger here myslef , in cui l’organo Hammond che rende deliziosi questi due pezzi richiama alla mente Weirdo dei Charlatans.
Va menzionata poi la dolcissima Little prince e Saga of Jenny, esempi della maggiore varietà di suoni che la band di Masha Qrella ha saputo amalgamare.