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LIGHTNING DUST

LIGHTNING DUST Infinite light

LIGHTNING DUST
Infinite light

(Jagjaguwar) USA LPw/ insert & mp3-code 16,99

[also on CD 16,99]

I Lightning Dust sono un progetto parallelo dei più noti Black Mountain. Tre anni or sono, Amber Webber e Joshua Wells diedero sostanza a delle ispirazioni musicali che non potevano trovare spazio nel gruppo-base. In molte redazioni il loro disco fu dato in pasto ai recensori “rockettari” che, aspettandosi qualcosa di almeno simile ai Black Mountain, lo stroncarono.
Tutta un’altra faccenda, il duo incrocia delle melodie malinconiche, non temporaneamente collocabili, sempre antiche o sempre attuali, con degli arrangiamenti ’70s, Amber Welles ha una voce tremula e profonda e l’organo Hammond  conferisce ad essa un’aurea di spiritualità. Per noi fu uno dei tre dischi più belli del 2007.
Il nuovo Infinite light si presenta con una copertina talmente sognante che siamo pre-disposti, imparzialmente, a volergli bene. Prima ancora che lo stilo della puntina cominci ad insinuarsi nel solco già “sentiamo” una nuova magia attraverso il ricordo del loro debutto.
Il disco si apre con una ballata in cui il pianoforte naviga tra le note più basse e quelle più alte affievolendo soavemente lo sbalzo di scala pentagrammatica, per poi lasciare il posto ad un brano dalle distorsioni psichedeliche che, pur non impressionando, stacca di molto il contesto sonoro.
Il terzo brano è una marcetta,  incisivo solo quando  tastiere e voce salgono. In generale, l’organo è usato più sporadicamente rispetto all’esordio -giusto non essere ripetitivi- e violino e contrabbasso lo sostituiscono egregiamente.
The times è un pezzo piuttosto banale, attendiamo impazienti qualcosa di meglio. Never seen ci ripaga della fiducia riposta chiudendo bene la prima facciata. Il lato B inizia decisamente meglio anche se la seconda e la terza traccia stentano  e il disco non decolla. Maledizione, siamo interdetti ma ecco arrivare d’incanto due sorprese, Wonder what … , splendida quanto era Take me back nel primo abum [ascolto] e Take it home, il brano che un disco con una copertina del genere doveva avere!