Album dell’anno 2019
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1. PLASTIC MERMAIDS Suddenly everyone explodes
Label Sunday Best Recordings UK LP
Sospinta in cielo da mille scintille, questa musica è stata forgiata lentamente, uno strato alla volta, in un casolare silenzioso sull’Isola di Wight. In questo spazio libero prestato da un conoscente, i fratelli Richards & friends hanno potuto provare senza dover preoccuparsi di orari o rumore e hanno anche accumulato numerosi oggetti della più svariata provenienza per registrare altri suoni.
Con una spesa contenuta, il fratello più tecnico (Jamie, che sta costruendo un pedale personalizzato a Wayne Coyne dei Flaming Lips) ha rivitalizzato un synth analogico, un pipe organ, diverse chitarre, tre ampli e persino una mixing desk.
Il gruppo ha trasformato quel luogo in un anfiteatro in cui giocano strumenti classici, elettro-acustici e pattern digitali, il tutto amalgamato e decorato da frequenze leggermente modificate e distorsioni accennate, per creare uno scenario sonoro denso di passione, misticismo e fantasia.
Magicamente, non sono ancora finiti sulle copertine di mags e webzine UK nonostante abbiano tutte le caratteristiche per piacere ad un vasto pubblico. D’altronde la Sunday Best ha una distribuzione piccola e senza volerlo …brexit.
Suggeriamo alcuni brani. Da ascoltare in cuffia.
1996 dal potenziale radiofonico e Floating in a vacuum [video], inebriante saliscendi di suoni diversi, tutti sistemati con cura nel posto giusto, splendida fino all’ultimo istante.
Un accenno a Still Like Kelis con quel suo irresistibile ritornello It’s been a long long time… e ai synth avviluppati di 1000 violins…
Dai cori orchestrati di Milk si arriva a Yoyo, esile e velata, che va ascoltata fino al termine dei suoi quasi sette minuti per essere capita.
Chiude il viaggio spaziale di Luliuli.
Come riferimenti, oltre ai Flaming Lips menzioniamo i Mercury Rev di Deserter’s songs e gli Sparklehorse.
Avendo molto tempo a disposizione, i Plastic Mermaids non sono caduti nell’errore di appesantire i brani con troppi rimaneggiamenti (aggiunte e tagli, sovra-aggiustamenti o rifacimenti drastici), tentazione forte e frequente quando nessuno ti pone delle scadenze.
Concretezza e razionalità nel gestire un materiale divenuto voluminoso e pluri-direzionabile aggiungono merito al quintetto dell’isola a cui dedichiamo con gioia il posto n° 1.
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2. CAGE THE ELEPHANT Social cues
Label RCA/Columbia USA LP
Band popolare negli States, comincia a riscuotere un buon successo anche nel vecchio continente. Non ci avevano mai impressionato e quest’ultimo lavoro è una vera sorpresa. Un secondo posto magari facilitato dalla scarsità di proposte siginificative tra i tanti, tantissimi dischi ascoltati nel 2019 ma questi brani, di un indie-pop-rock comune, sono scritti bene, portano idee melodiche azzeccate e qualche tocco di estro.
Non ci soffermiamo nel commentarne alcuni in particolare perché è un 33 giri che ha il raro pregio di essere godibile nella sua interezza.
La direzione dell’album è chiara: appartiene, per intenderci, alla stessa famiglia degli Arcs di Dan Auerbach (tra l’altro produttore anni fa dei “Cages”). Musiche insomma di rapido assorbimento, tutt’altro che superficiali e dall’aria in realtà più inglese che americana.
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3. FONTAINES D.C. Dogrel
Label Partisan USA LP
In queste pagine tralasciamo volutamente commenti e riflessioni sui testi ma per chi fosse interessato, gli spunti offerti da Grian Chatten & soci sono vari e stimolanti.
Dogrel è un disco-dinamite e lo trattiamo pezzo per pezzo.
Manca l’innesco, non c’è neppure un accenno di intro: Big parte improvvisa e veemente .
A ruota segue Sha sha sha, impetuosa. Sarebbe ingiusto liquidarla come una rivisitazione di London calling dei Clash perché costituisce parte di un insieme-album che pianta le radici anche in quel punk, perciò ai brani alcune analogie vanno concesse.
Too real, il terzo brano, indebolisce un po’ l’entusiasmo appena acceso a causa di una voce che qui è eccessivamente stonata.
Television screens è una prova che l’Irlanda è rimasta intrisa eccome dall’indie-rock ’90s dei cugini UK.
Un basso aspro e gutturale appiccicato alla batteria e i riff di chitarra elettrica fanno di Hurricane laughter il pezzo più ipnotico e accattivante (sensazionale dal vivo).
Roy’s tune è una classica ballata di ceppo anglosassone e fa riprendere fiato.
The lotts è l’altro episodio debole (insieme alla stonata Too real) e viene trascinato per quasi cinque minuti ma la successiva Chequeless reckless riprende l’indole energica dei primi due brani ribadendo che Mark E Smith (The Fall) – con tutti i pro e contro – ha lasciato il suo marchio.
Arriva l’inaspettato rock’n’roll di Liberty Belle smentito dal punk-rock di Boys in the better.
Epilogo quieto affidato ad una ballata, Dublin city sky, il cielo piovoso della capitale irlandese per gettare acqua sui fumi dell’esplosione.
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4. TYLER, THE CREATOR Igor
Label Columbia USA & EU LP
L’ultimo disco del rapper di Los Angeles ci piace perché di rap ha ben poco.
Arguto o forse semplicemente dotato di musicalità, eccentrico in modo cordiale, il giovane creatore ha evitato gli insostenibili coretti acuti e mielosi che caratterizzano gran parte della scena rap e hip-hop mainstream dell’ultimo decennio e ha rinunciato anche anche alla tentazione della trap, che sembra sia divenuto un obbligo per gli under-30.
La bravura del bizzarro personaggio sta anche nel tenere salda la sua anima black in un grande turbinio (apparente) di suoni moderni e attuali, concedendosi perfino una sortita soul (Are we still friends), ovviamente manipolata. Ai pezzi più riusciti se ne alternano però altri decisamente banali, pur non incidendo questi a tal punto da togliere lo scettro di miglior lavoro sin qui realizzato da Tyler.
Ascolta/Listen >> album
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Singoli dell’anno 2019
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1. MAUVAIS ŒIL Nuits de velours
Label Les Disques Entreprise FRA 4-trk. 12″
Un EP di quattro brani in cui vengono ben amalgamati una voce malinconica e mai barocca con splendide ritmiche di synth e con il tocco inconfondibile del saz, un quattro corde fortemente evocativo delle radici algerine dei due parigini.
La solennità e la retorica drammatica tipica di alcune musiche tradizionali arabe vengono mitigate sia da un’attitudine decisamente moderna del sound, sia dalla gentilezza che trasmettono i due musicisti, come appare anche in quegli istanti del video di Constantine in cui entrambi rivolgono alla telecamera (dunque a noi) uno sguardo dissacratorio e leggero.
>> Video
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2. XUL ZOLAR Nightfalls EP
Label Asmara GER 3-trk. 12″
Dopo alcuni singoli velleitari e inconcludenti, la band di Köln fa centro.
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3. DOMINIQUE FILS-AIMÉ The red
Label King Underground UK 6-trk. 12″
In un salotto neo soul sempre più affollato si distingue per presenza e spirito l’EP della giovane canadese.
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4. THE CIRCLE OF CONFUSION feat. CORNEL CAMPBELL
Yesterday was history B/w Yesterday was history (TCOC Yesterdub mix)
Label Rocafort CH 7”
Il ritorno, dopo un lungo silenzio, del mito jamaicano Cornel Campbell.
Reggae dub ricco di begli effetti, soprattutto il B-side.
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5. SUN ATLAS The mystic parade
Label Mocambo GER 7″
Dal ricco catalogo di pure-funk della Mocambo di Amburgo estraiamo la bellissima The mystic parade.
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