La ricorrenza – i trent’anni dalla morte di Demetrio Stratos – è passata ormai da un anno ma i motivi per riascoltare la musica degli Area rimangono tanti e validi. Si tratta certamente del gruppo rock italiano dalla caratura più internazionale, apprezzato da musicisti ed artisti di tutto il mondo, il cui contributo alla musica degli anni ’70 è stato rilevante. Con le loro sonorità si cominciò a parlare di world music e di musica mediterranea applicata al corpo del rock, anche se a prevalere era la matrice più jazz-progressive-sperimentale. Furono inoltre tra le prime formazioni in Italia ad usare l’elettronica. Una voce importante e in primo piano che non sovrastava però gli altri strumenti bensì jammava con essi, in quanto strumento primigenio dal quale si erano sviluppati tutti gli altri.
Gli Area furono un gruppo aperto cui presero parte numerosi musicisti e scorrendo la lista dei componenti che hanno attraversato il progetto si capisce quanto forte fu la vocazione cosmopolita della loro musica: Demetrio Stratos, Patrick Erard Djivas, Johnny Lambizzi, Victor Edouard Busnello, Paolo Tofani, Giulio Capiozzo, Ares Tavolazzi, Patrizio Fariselli. Un intreccio di personalità, culture e gusti musicali per dar forma ad un compendio di suoni ed amosfere in cui si scorgono a volte accenni, altre volte chiari riferimenti al blues e al jazz americano, alla musica tradizionale dell’Est Europa o del Medioriente. Ad amalgamare il tutto ci pensava Gianni Sassi della Cramps Records (tra le sue scoperte anche Battiato e Camerini) curatore dei testi, delle copertine e in generale del progetto nella sua globalità, in cui tutto doveva essere messaggio: il compilatore di una silloge moderna i cui poeti non accettano però l’anonimato in nome dell’arte.
L’idea di consapevolezza e di rivoluzione liberata a colpi di lunghe jams, è ben sintetizzata dal brano più sperimentale, L’abbattimento dello Zeppelin, presente nel primo album (1973), provocatoriamente intitolato Arbeit macht Frei. La band di Robert Plant fa da capro espiatorio in quella che rimane una vera e propria opera di destrutturazione del suono e sovvertimento di modelli precostituiti. La loro è una battaglia contro il mercato anglo-americano della musica e la scelta dei testi in italiano non è affatto casuale.
Nel sucessivo 33 giri Caution Radiation Area (1974) band si allontana ulteriormente dalla canonica forma-canzone.
Le tante anime del gruppo trovano una sintesi difficile in Crac (1975), l’album che contiene Gioia e rivoluzione (“il mio mitra è un contrabbasso…”) una delle hit della band insieme a Luglio, Agosto, Settembre (nero).
Stratos intanto approfondisce le sue ricerche sulla voce in senso totale.
L’anno dopo è la volta di Maledetti (1976). Gli ospiti presenti ampliano la fama degli Area oltre confine, una band divenuta di fatto un concept, una sorta di opera rock intorno a un’ipotetica società del futuro. La musica è sempre più pesante e personale, ancora meno debitrice dei gruppi progressive europei.
Molteplici sono gli spunti per approfondire la conoscenza degli Area. Il rapporto col pubblico, ad esempio, con cui si cercava l’interazione: durante l’esecuzione di Lobotomia un cavo veniva lanciato in mezzo alla gente e il contatto di ognuno variava così il suono che ne scaturiva. Fu uno dei primi esempi di musica aleatoria.
DVD (La Route 1, 2009)
Questa nostra trattazione vuol essere un invito a riscoprire un grande gruppo italiano di cui andare fieri. Per chi fosse più interessato alla figura di Stratos e ai suoi lavori sulla voce, il consiglio è di partire dal DVD documentario La voce Stratos di Luciano D’Onofrio e Monica Affattato.
Luca Vittorino