Album dell’anno 2024
N° 1 ex-aequo
BETH GIBBONS e IL QUADRO DI TROISI

N° 1. BETH GIBBONS Lives outgrown
Label Domino | 180 LP g/fold slv. *Deluxe edition*, 180 g LP g/fold slv., CD
Quando una band si scioglie e i suoi membri iniziano carriere autonome è frequente imbattersi nell’annosa domanda su chi avesse avuto un ruolo maggiore nella composizione della musica. Si finisce allora per esaminare ciò che questi propongono da solisti da un punto di vista sbagliato, perché solo in matematica il risultato è la somma degli addendi e ciò che crediamo presuntuosamente di sentire e di “carpire” come retaggio del passato è frutto di un autoconvincimento ed è un esercizio poco sensato.
Nel caso del duo Portishead (che de facto non esiste più anche se non si è mai formalmente scisso) questo tentativo sarebbe ancora più sbilanciato ed irrazionale perché l’esordio della band di Bristol rappresentò un avvenimento complesso ed imponente, un vero e proprio muro di confine tra i nuovi anni ’90 e tutto ciò che era successo pirma: Dummy fu un nuovo modo di concepire il trip hop, prima mai così ricco ed imprevedibile, ora costellato da sonorità dark, ambient, dance, dub, techno o addirittura blues.
Se una metà della band, Geoff Barrow, ha marcato in modo più netto il distacco dai Portishead intraprendendo un percorso sperimentale ed elettronico con i Beak> e in seguito compondendo colonne sonore, l’altra metà, Beth Gibbons, nonostante o a causa di una produzione rarefatta (l’album con il bassista dei Talk Talk nel 2002 e poco altro), si è ritrovata a catalizzare le speranze di una miriade di fans di quel duo che viene amato anche dalle nuove generazioni, perché – questa la convinzione comune – prima o dopo anche lei si sarebbe riaffacciata sulla scena.
Un peso enorme sulle sue spalle e si comprende dunque la lunga gestazione avuta da Lives outgrown, il suo album di debutto.
Ebbene, le grandi aspettative sono state ripagate: ci aspettavamo brani di questo calibro.
Il gusto, il tocco e la sensibilità ci sono ancora e possiamo solo immaginare quanti pensieri e bozze abbia stratificato la Gibbons e quanto abbia meditato prima di scegliere i musicisti con i quali cercare quelle intese, anche sfumate, essenziali per far germogliare e poi portare a maturazione i dieci componimenti che oggi troviamo nell’album. La lista è troppo coroposa, citiamo solamente Lee Harris (Talk Talk) che oltre a suonare la batteria ha co-scritto quattro brani, e James Ford, produttore (Depeche Mode, Blur, Pet Shop Boys, Foals) e poli-strumentista che si è diviso tra chitarra acustica, elettrica e baritonale, basso, synth, organo Hammond, flauto, percussioni, vibrafono e cello.
Ascolta / Listen:
>> Floating on a moment
>> Lost changes
__________________________________________

N° 1. IL QUADRO DI TROSI La commedia
Labels
GER LP on Raster *Ltd. edition*, CD
ITA LP on 42 Records
Cambiamo decisamente registro e ambientazione ed immergiamoci in un synth-pop schiettamente eightees ma di classe, ammantato da un’aura nobile.
Eppure sono vari gli elementi che accomunano l’album di Beth Gibbons al secondo lavoro della formazione italiana: il tratto colto, la foggia elegante, una forma ed un’estetica ricercate che ospitano idee e soluzioni melodiche di spessore e la profondità dei testi.
Sorprende l’epicità della voce di Eva Geist che nell’album di esordio, più asciutto e lineare, aveva avuto la possibilità esprimere le sue doti canore solo parzialmente.
Nelle chiacchiere tra amici il primo commento è che questo disco ricorda molto i Matia Bazar ma dobbiamo specificare quali: solo quelli del grande ed irripetibile LP Tango (1983).
Alla genesi de La commedia hanno contribuito musicisti di peso. Dalla veterana Suzanne Ciani alla compositrice Aimée Portioli (alias Grand River), dalla compositrice e arrangiatrice Fiona Brice (Placebo, Kanye West, Sophie Ellis-Bextor e molti altri), alla violinista Francesca Colombo, dal maestro Daniele Di Gregorio (una vita a fianco di Paolo Conte) all’eclettico batterista Tommaso Cappellato.
Altri due motivi che ci fanno amare questo album sono la copertina, affidata all’estro del pittore Francesco Messina, e la giusta durata dei brani, perché il buon senso di tenere un minutaggio adeguato al tipo di strumento che detta il tempo è un aspetto che molti musicisti sottovalutano, non pensando che un ritmo elettronico stanca l’orecchio dell’ascoltatore comune più di una batteria vera.
Ascolta / Listen:
>> I buchi neri
>> La prima volta
__________________________________________

N° 2. EMILIANA TORRINI Miss Flower
Label Grönland | GER LP *Ltd. edition*, CD
[clear red vinyl]
Della cantante islandese con padre italiano amavo solo Me and Armini (2008). Troppo sbiadita e prevedibile nella produzione successiva, dischi in cui sembrava non volersi svincolare da un folk ordinario. Gusti personali, ben inteso.
Nel 2023 usciva Racing the storm, con la partecipazione della Colorist Orchestra a ravvivare la proposta almeno in un paio di brillanti esecuzioni:
>> Mikos e >> You left me in bloom.
Miss Flower ha sorpreso tutti perché arrivato ad un solo anno di distanza e soprattutto perché è un album completamente diverso dai precedenti, straboccante di energia positiva, gioia e ritmo in alcune parti e di sentimento, riflessione e delicatezza in altre.
Si tratta di un concept-album interamente dedicato alla madre defunta di una sua amica, Geraldine, una figura descritta dalla cantante come un’eroina, una donna che negli anni ’60 e ’70 sfidò le convenzioni sociali per affermare la propria libertà e difendere le proprie idee con coerenza.
>> Black lion lane
>> Miss Flower
Durante il recente tour i dieci brani di Miss flower sono stati eseguiti tutti e all’inizio di ognuno la Torrini si è presa il tempo di spiegare il significato del testo aggiungendo particolari della vita di Geraldine. Un omaggio parso eccessivo dai fans di vecchia data che, dopo una lunga assenza dal palco, si aspettavano una carrellata dei pezzi più noti (quattro appena, alla fine) e non una sorta di concerto-tributo. La simpatia e la professionalità di Emiliana Torrini hanno comunque messo d’accordo tutti. Personalmente, un live bellissimo visto che questo è l’album che preferisco per l’inaspettata creatività e varietà e perché meglio di prima mette in risalto le sue capacità canore, doti che in passato non hanno avuto le partiture giuste per rivelarsi.
__________________________________________
N° 3. ZAHO DE SAGAZAN La symphonie des éclairs (Le dernier des voyages)
Label Disparate | FRA 2xLP in g/fold sleeve, CD
C’era l’idea di inserire questo album tra i best del 2023 ma alla fine era rimasto da parte, tra quelli in attesa del – sempre fondamentale – secondo ascolto.
Nel frattempo è uscita una riedizione ampliata con ben otto tracce (non sette come erroneamente riportato in copertina) che sono anch’esse di buon livello, dunque ecco un motivo in più per presentarvi finalmente la nuova stella della musica d’oltralpe.
Zaho De Sagazan, l’ennesimo esempio di quanto forte e ormai storico sia il legame tra l’electro-pop e la Francia. Per non citare i soliti Jean-Michel Jarre o Daft Punk, forse in futuro si potrebbe fare il nome della ragazza di Saint-Nazaire visto che nel frattempo le sono arrivati fama e premi – ben 4 al Victoires de la Musique.
C’è sul serio del talento e una forte e ammirevole componente personale nella sua proposta, che è una galassia di suoni fantastici. I suoni creati con maestria sono suoi e di nessun altro e c’è un grande ed assolutamente sincero coinvolgimento emotivo nel cantato, che è molto corposo e pare quello di una donna più matura, con le consonanti (ed in particolare le “r”) che rintoccano scandite senza compromessi.
Chanson française, senza dubbio, con la foto di Jacques Brel alla parete, ma in chiave moderna.
Ascolta / Listen:
>> Langage
>> Tristesse
__________________________________________
N° 4. CITRON CITRON Maréeternelle
Label Les Disques Bongo Joe | CH LP, CD, MC
Band di Ginevra formata dai fratelli Zoé e Augustin Sjollema, proveniente da una generazione di musicisti (tra il cui compositore Rainer Boesch), esce con il suo secondo lavoro di “poesia analogica” sulla locale etichetta indipendente Les Disques Bongo Joe, una piccola realtà che ha sede proprio sull’isoletta della città elvetica. Negozio con coffe shop in un clima informale e accogliente, un prezioso spazio alternativo per una città non propriamente nota per la sua scena underground.
Sonorità calde e fiabesche che sfiorano in alcuni momenti il chamber pop, creando però un clima malinconico. Sembra facile e orecchiabile ma comincia a piacere tutto solo dopo due o tre ascolti.
L’album viaggia su ritmi lenti ed alza i giri solo con >> Par un temps pareil che strizza l’occhio a The model dei Kraftwerk ma di suo mette tanto altro, e con la successiva >> Rafales elargisce a piene mani ricchi arrangiamenti minimal.
>> Chant de bataille
>> Mer du Nord
_____________________________
EP dell’anno 2024
Nell’ambito techno, funk, soul e reggae escono ancora una moltitudine di singoli sia su formato 7” che 12”.
Negli altri generi la tendenza ormai consolidata è di far uscire dei singoli digitali, diciamo pure virtuali, per supportare l’album. Dunque addio B-sides con inediti e copertine.
Tra i pochi EP reali, solidi, alla fine abbiamo scelto Chelsea Wolfe.
CHELSEA WOLFE Unbound
Label Loma Vista | US 5-trk. 12” *Ltd. edition*
Versioni “unbound”, cioè slegate, liberate da gran parte degli strumenti che le rendevano decisamente meno avvincenti all’interno del 33 giri She reaches out to…, album che non ci è sembrato niente di ché. Nella nuova veste, fatta di sola voce, chitarra e pianoforte, tornano a nuova vita, acquisiscono un’identità forte, profonda e ci viene da pensare che se l’intero album fosse stato concepito in chiave acustica ne poteva uscire un discone….
Ascolta /Listen:
>> Whispers in echo chamber (Unbound)
>> The Liminal (Unbound)
__________________________________________