Album of the year 2014
1. SHANNON WRIGHT In film sound
EU LP w/insert on Vicious Circle
*Limited edition 500 copies*
[also avl. on CD 15,99 €]
Che si conosca o no il passato di Shannon Wright, suggerisco di non cominciare l’ascolto di questo album dall’inizio perché l’impatto con il muro noise dei brani iniziali sarebbe fuorviante e rischiate di non proseguire oltre nella scoperta di un disco che potreste considerare non affine ai vostri gusti.
Pubblicato agli sgoccioli del 2013 ma registrato in più sedute nel corso del 2012, In film sound è piuttosto diverso dai precedenti lavori, cui lega solo per il cantato aspro.
Musica duramente rock e in alcuni tratti perfino vicina ai Sonic Youth. La chiamata di Cook e Crabtree (entrambi membri dei Shipping News) è stata essenziale per un cambiamento così accentuato; il loro duo basso-batteria si impone come elemento di primo piano ed accompagna riverberi chitarristici in stile Calla (dei quali voglio ricordare il grande Televise ).
Iniziate allora dal lato B con Bleed (> ascolta ), pezzo che si allinea ai dischi precedenti e proseguite da lì in poi con Mire, in modo da calarsi meno bruscamente in questo impetuoso nuovo album.
Captive to nowhere (> ascolta ) è una buona ragione per provare a quanti decibel possiamo arrivare con le nostre “casse” prima che il vicino ci dica qualcosa. Il vicino ideale direbbe “Di chi è quel pezzo meraviglioso che mi ha fatto traballare i bicchieri sulla mensola?”.
Surely, they’ll tear it down lo leggo come un omaggio ai Blonde Redhead, per ricordarci di non prendercela coi fratelli Pace & la jap-girl se questa volta non l’hanno fatta giusta, li amiamo lo stesso!
Chiude pacatamente Mason & Hamlin.
Ora giriamo il vinile e scopriamo quanto possa essere violenta, dannata e combattuta questa Shannon Wright. Un disco sulle oscurità e le ossessioni della sua mente, un disco che sentiamo essere drammaticamente sincero.
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2. COWBELL Skeleton soul
EU LP on Damaged Goods
[also avl. on CD]
Dalla label londinese di Ian Damaged, che per il disco in questione si è divertito a inventare la copertina, non sappiamo mai cosa aspettarci. I Cowbell ce li ricordavamo come un’ordinaria band garage dalle (in)certe velleità blues, li ritroviamo con un album estroverso e folgorante.
Sono un duo e hanno registrato tutti gli strumenti da soli perciò accettiamo l’abuso di overdubbing.
Prima e durante le sedute di registrazione sono state provate varie soluzioni per arricchire gli istanti di sospensione, quei brevi silenzi tra un acuto e una ripartenza, tra un rullo di batteria che cessa d’improvviso e il ritorno in corsa affidato ad una chitarra palpitante. Lo stop-and-go e i cambi di velocità sono l’essenza del rock’n’roll e lì, negli intervalli muti, Jack Sandham e Wednesday Lyle hanno colorato il silenzio con delle pennellate leggere.
L’originalità sta in questi dettagli e va a valorizzare brani che sono ben scritti, immediati e piacevolissimi. Questa è musica che dà spensieratezza e suonerà sempre allegra, leggera e festaiola. Le radici stanno nell’R&B di New Orleans, negli organi poi c’è qualche richiamo ai Doors e, proseguendo lungo il cammino del tempo, giungiamo allo psychobilly dei Cramps.
Si parte subito alla grande con due riempipista da urlo: Cry wolf (>ascolta) e She’s all over you (>video).
In Oh Yolande ecco comparire le chitarre vibrate e metalliche dei Cramps e poi segue la rockabilly Dirt, che si fregia di una notevole sezione di sassofono. Baby it’s your love è decisamente garage blues. Scorre senza onori particolari la ballata blues Heavy on my mind.
La seconda facciata riapre subito in velocità con le ritmiche in levare e l’amore per gli anni ’50 vengono sbandierati da un “buum” acuto della voce; si apprezzano anche qui quelle inserzioni di cui dicevamo, in questa occasione di organetto.
Nel lento che segue, Darkness in your heart, Jack Sandham canta alla Damon Albarn ma le chitarre da lì a poco fanno capire che i Blur sono… futuro remoto; compare anche la voce di Wednesday Lyle che ci accompagna verso un finale in cui si inseriscono dei suoni di tastiera vintage da brividi.
Per togliere qualsiasi dubbio sull’indole movimentata dei nostri, ecco Shake the blues prima della chiusura che verrà lasciata al brano più semplicemente rock del disco, Change her ways.
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3. GITHEAD Waiting for a sign
EU LP on Swim
[also avl. on CD]
Githead è un gruppo formato da pezzi grossi della new-wave: Colin Newman (Wire), Malka Spiegel e Max Framken (Minimal Compact) e dal più contemporaneo Robin Rimbaud (alias Scanner).
Inappagati dal suono degli Wire degli ultimi anni, reso asciutto all’eccesso, confidavamo in un buon disco di questa formazione derivata e alla quarta uscita ci siamo!
Se avete perso le tracce del Colin Newman del passato vi sorprenderete nello scoprire quanto intatta sia rimasta la sua voce, ancora giovane, ancora antipatica. Che piaccia o no, tra alti e (non pochi) bassi gli Wire consacrarono un nuova impostazione nell’alveus del post-punk e le chitarre e il basso che vibrano ancora oggi qui, nel bel disco dei Githead, hanno un tratto di distinzione, fiero e maestoso, unico.
Al microfono lui e lei si alternano e alla fine cantano pure insieme.
La prima facciata si chiude cullandoci – nel vero senso della parola – con la ballata psichedelica Slow creatures (>ascolta), penetrante ed intelligente nel suo crescendo, e il discorso potrebbe concludersi qui perché dalla band secondaria di Newman non ci aspettavamo di più e un altro mini-album uscì già nel 2004.
Invece il solco è ancora lungo e ci dona la gioia di Today (>ascolta), il brano principe del disco.
Un album caratterizzato da riffs ripetitivi impreziositi da sottili sfumature che assolvono e promuovono il credo-Wire per un tempo veramente lungo, a cavallo di due secoli. Avere stile usando poche note, non è facile.
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4. MORRISSEY World peace is none of your business
label Harvest
180 g High quality vinyl 2xLP in g/fold sleeve € 19,99
[also avl. on 2xCD ]
Uno di quei musicisti che ha i suoi aficionados a prescindere, come dimostrato dal seguito avuto nell’ultimo tour. Non facendo parte di questa folta schiera, aspettavamo un’altra opera bella dai tempi della mitraglietta (You are the querry ), ossia da dieci anni.
Un secondo ed attento ascolto ci fa cogliere la portata – il grandeur – di questo lavoro ed è istintivo domandarsi quanto il merito sia suo e quanto dei collaboratori nell’aver costruito una musica così vitale, infarcita di elementi diversi ed inattesi che rendono questo album radioso.
La deliziosa fisarmonica e l’española guitarra in Earth is the loneliest planet (>ascolta) e poi i ricami sonori che accompagnano il racconto di Staircase … (>ascolta) sono esempi del contributo fondamentale apportato dai numerosi musicisti chiamati al soldo per creare, più che in passato. Si ha infatti l’impressione che Morrissey non si sia più fidato a pensare da solo a quali giri melodici far aderire il suo cantato.
Tra i tanti, nominiamo l’effervescente Boz Boorer, rockabilly-man che tra chitarre, clarinetto e sax si cimenta anche con la bizzarra Q-Chord, una mini-tastiera che si suona come una chitarra.
Nel mezzo del tour, tra malori e ritardi, il Moz postava sul web lamentele contro la Harvest per – a suo dire – non aver promosso adeguatamente l’album. Un pizzico di presunzione non gli manca. Si lamentasse invece con la label per aver escluso dalla versione vinile un brano come Scandinavia, che avrebbe chiuso in modo signorile il disco risparmiandoci l’impacciata Oboe “concierto”. Scelta assurda visto che diversi album stanno uscendo solo su LP e download.
Sulla paternità dei testi invece non ci sono dubbi: “La pace mondiale non è affar tuo – vuoi, gentilmente, tenere il naso fuori” e così via, il nostro è sempre sull’onda. Pungente.
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5. ALVVAYS Alvvays
EU LP + CD on Transgressive
USA LP on Polivinyl [black or colored vinyl]
Reissue USA LP on Royal Mountain [black or colored vinyl]
[also avl. on CD]
Bel debutto per la formazione canadese di Molly Rankin, una voce piuttosto comune ma adatta a questo tipo di band, qui opportunamente trattata con riverberi per darle spazialità. Come riferimenti potremmo citare cento gruppi indie-pop degli anni 90 americani perciò non aspettatevi novità neppure nel sound rispetto a quanto già sentito nei decenni passati in materia di “popular music”: i suoi canoni stilistici sono e saranno sempre questi.
Sul lato A si fanno notare le graffianti chitarre di Archie, marry me, poi Next of Kin (> ascolta), che è uno dei brani più belli dell’anno, e Party police, in cui hanno il coraggio di lanciare al vento una melodia chiara e facile col rischio di risultare scontati o, peggior colpa, già sentiti, ma non ci sembra abbiano plagiato nessuno.
Sulla superficie B ricordiamo la trascinante The agency group, con le sue chitarre molto Cure, A top a cake (> ascolta), con quell’ irresistibile ritornello “What you gonna do …” e poi c’è il gran finale con Red planet (> ascolta), il pianeta rosso, la cui presenza nella galassia viene resa molto bene dalla sovrapposizione di due tastiere.
Indispettisce la scarsa qualità di registrazione. CD o vinile non cambia, è in studio che si sono combinati i pasticci nonostante tra i vari che ci hanno messo le mani troviamo Graham Walsh e John Agnello (Sonic Youth, Dinosaur Jr. ecc.).
Dopo alcuni tentennamenti accogliamo l’album tra i best del 2014, un disco di cui si scopre la qualità con due o forse anche tre passaggi.
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Singles of the year 2014
1. THE WYTCHES Burn out the bruise
label Heavenly
EU 7″ b/w Darker
Ultimo, ennesimo singolo del trio inglese di Peterborough di cui esce finalmente anche l’album, un 33 giri molto interessante. Qui ne troviamo un assaggio con la vigorosa Burn out the bruise. Sul B-side l’inedito Darker è ancora più bello (>ascolta).
Si tratta di una band molto giovane artefice di un psych-surf punk ruvido con batteria dai continui cambi di velocità, un tripudio di chitarre elettriche ed un cantato – a tratti urlato – strepitoso.
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2. SCHLAMMPEITZIGER What’s fruit/Remixes
label Pingipung
EU 6-trk. EP
Sotto questo scioglilingua si cela il nome di Jo Zimmermann, operativo da lungo tempo nei territori dell’eletronica tedesca più cold (Düsseldorf e Köln). Un’enorme produzione di suoni avari di note ed intangibili tra cui, raramente, troviamo dischi degni di nota come questa stravagante serie di rivisitazioni.
Segnaliamo il remix della title-track (>ascolta) e l’ultima traccia (>ascolta) curata da Helumt Erler. Orrenda la versione dei Mouse On Mars.
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3. MAXIMO PARK Leave this island
label Daylighting/P.I.A.S.
EU 4-trk. 12″
La band di Newcastle tira sempre fuori un buon singolo, anche quando l’album ha fatto cilecca.
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4. CHERRY GLAZERR Had ten dollaz
USA 7″
label Suicide Squeeze
Fresco indie-pop made in USA (>ascolta).